NOVELLE UMORISTICHE


Novelle umoristiche

DI

Adolfo Albertazzi

Humour: il bell'umore e il buon umore

e il malumore insieme contemperati.

Tommaseo.

IL SUICIDIO DEL MAESTRO BONARCA. — LA GIOCATRICE. — DONINUZIALI. — DALL'ELDORADO. — IL CAPPELLODEL MARITO. — EFFICACIA D'UNA GIARRETTIERA. — LAFORTUNA DI UN UOMO. — UNA «SCAMPANATA». — ILPOLSO. — COME FINÌ LA MODESTIA. — L'ENTUSIASTAPUNITO. — L'AGNELLO. — IL FALCONE. — IN ARCADIA.

MILANO
Fratelli Treves, Editori

1914

Nuova edizione riveduta e corretta.


PROPRIETÀ LETTERARIA.

I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati pertutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l'Olanda.

Milano. — Tip. Treves.


[1]

Il suicidio del maestro Bonarca.

I.

Felicità è una vana parola? — Persona alta eforte; baffi neri e fieri; voce baritonale e, sebisognava, imperiosa; eppoi: un pennacchiobianco al kepì; spada al fianco e assisa quasimilitare; saluto alla militare dai subalterni; dominiosul palco in piazza a dirigere la bandanei giorni di festa; precedenza a tutti nelle processionie nei trasporti funebri; direzione dell'orchestrain teatro; autorità di maestro suicittadini idonei alla musica; autorità di cittadinonotevole; stipendio sufficiente per una vita tranquilla;tranquillità di scapolo: tutto ciò dovrebbepur bastare a rendere felice un uomo!

Che se il maestro Bonarca incolpava i creditori[2]dell'essere caduto in miseria da tanta suafelicità, egli era ingiusto appunto perchè ognicreditore, benefattore con o senza usura, correil pericolo che il beneficato ponga fine al debitoponendo fine alla vita.

Ah! vana parola è la gloria; e rovinosa passionel'ambizione; e debolezza la confidenza nelnostro ingegno, non meno che fallaci, insani sonoi sogni dell'anima nostra; e morbo la poesiae la melodia di cui risuoni l'anima nostra. Infattiquando il maestro Bonarca non avesse datoascolto ai cattivi amici e a sè medesimo, nonsi sarebbe incamminato mai verso il canal Torbocon il proposito d'affogarvi.

Fu così: In poco tempo aveva composta laSposa selvaggia (centocinquanta lire al poeta dellibretto: prima spesa), e i giornali cittadini avevanopreannunciato il capolavoro (sovvenzioni aicronisti: seconda spesa); poi (altre spese) ilmaestro era andato a Milano, a Torino, a Bolognain cerca di un editore, di un mecenate,di un impresario. Quindi aveva avuta la sciagurataidea di assumere per sè l'impresa alteatro della sua città. Gli amici incitavano; qualcunoprometteva aiuto e, sebbene il Comune ricusassela dote teatrale, uno stimato commercianteaccondiscese a firmare l'avallo nelle cambialidi lui, che sacrificava alla gloria tutte leeconomie del passato e molte economie dell'avvenire.E la Sposa selvaggia aveva ottenuta fortunaquasi uguale a quella desiderata. Se non[3]che i cittadini d'una città piccola non vanno ateatro tutte le sere; nè i paesani delle vicinanze,ignoranti che sar

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