ARTURO GRAF
Miti, Leggende e Superstizioni
DEL
MEDIO EVO
VOLUME II.
LA LEGGENDA DI UN PONTEFICE
DEMONOLOGIA DI DANTE — UN MONTE DI PILATO IN ITALIA
FU SUPERSTIZIOSO IL BOCCACCIO?
SAN GIULIANO NEL «DECAMERONE» E ALTROVE
IL RIFIUTO DI CELESTINO V — LA LEGGENDA DI UN FILOSOFO
ARTÙ NELL'ETNA — UN MITO GEOGRAFICO
TORINO
ERMANNO LOESCHER
FIRENZE ROMA
Via Tornabuoni, 20 Via del Corso, 307
1893
PROPRIETÀ LETTERARIA
Torino — Stabilimento Tipografico Vincenzo Bona.
[3]
Sembra a molti che Dante, col parlare dei mali ponteficicome in più luoghi notissimi della Commedia ne parla,con lo sprofondarne un buon numero nell'Inferno, col porrein bocca allo stesso principe degli apostoli quella terribilesfuriata del 27º canto del Paradiso, abbia dato una singolarprova di arditezza e libertà di giudizio, abbia fattocosa mirabile e nuova, in pien contrasto con le usanze,le opinioni, lo spirito dell'età che fu sua.
È questo un errore.
Il medio evo, se ebbe (come Dante, del resto) viva esalda la fede, e sincera
La riverenza delle somme chiavi,
del papato quale istituzione divina, intesa a procacciareil trionfo della verità e la salute delle anime, ebbe pure,stimolato a ciò dalla stessa indole del suo sentimento religioso,pronta la mente e spedita la lingua a condannaree vituperare i troppo umani traviamenti di quella istituzione,e usò sempre parlando dei reggitori spirituali suoi,così maggiori come minori, non velati giudizii e libereed acute parole. Di ciò fanno fede certe Bibbie satiriche,[4]certi trattati del pianto e della corruzion della Chiesa,molte poesie di goliardi, molte narrazioni di storici e dinovellatori, e alcune leggende meravigliose, le quali, peravere avuto divulgazione larghissima, ed essere state credutevere universalmente, hanno anche più significato efanno vie più valida testimonianza. Tale la leggenda chedice Giovanni XII accoppato dal diavolo; tale l'altra chemanda all'Inferno e libera poi Benedetto IX; tale quellache narra della magia e della mala fine di Silvestro II;anzi questa, essendo per molta parte ingiusta, come orora si vedrà; non avendo, cioè, nella vita di quel ponteficeragion sufficiente e giustificazione opportuna, riescepiù significativa e più notabile delle altre.
La cornice storica, se così posso esprimermi, dentro acui essa s'inquadra, è, in breve, la seguente.
Gerberto[1], che poi fu papa col nome di Silvestro II,nacque di umile famiglia in Aurillac, o ivi presso, nell'Alvernia,non si sa precisamente in quale anno, ma versoil mezzo del secolo X. Rimasto orfano, fu accolto, fanciulloancora, nel monast