Copertina

Camillo Antona-Traversi


DANZA MACÀBRA

COMMEDIA IN QUATTRO ATTI

MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
1895.


TIPOGRAFIA MILITARE

(Via Marsili N. 4)


AL CHIARO PROFESSORE

G. P. ZULIANI

Amico e maestro dilettissimo,

Firenze, 25 gennaio 1894.

Intitolando al chiaro nome di Lei questa mia commedia,io pago un debito antico e per me sacro.

Chè di tutte le cose belle e buone che sono sulla terra,l'amicizia — intesa e praticata come la intendevano e praticavanogli antichi romani — è la più alta, la più gentile, lapiù sacra! oso anche dire la più vera.

E Lei è stato sempre per me un amico, un fratello.

De' molti e salutari suoi consigli ho fatto in ogni tempotesoro: e se ho potuto dare al teatro italiano qualche commedianon del tutto infelice, a Lei, a Lei solo, lo devo.

Confessandomene in pubblico, adempio un dolcissimodovere; e dandole il caro nome di maestro, dirò solo, e a malapena, ciò che il cuore mi detta.

Da Lei ho imparato ad amar l'arte sul serio: da Leimi son venute le prime norme dello scrivere per il teatro:dalla lettura delle sue dottissime critiche l'insegnamento piùutile e più salutare.

S'abbia, dunque, con la povera offerta di questa miaDanza macàbra — che la buona critica italiana ha giudicatadegna figliuola delle Rozeno —, tutto il mio cuore e tutta lamia ineffabile gratitudine.

Con affetto di discepolo, di amico, di fratello m'è soprammodocaro dichiararmi

Affezionatissimo

CAMILLO ANTONA-TRAVERSI.

[iii]

Al cortese che mi legge,

Bologna, 1.º decembre '93.

Dimorando in Roma, dove passo i migliori mesidell'anno, ho assistito, in questa fine di secolo, a moltetragiche vicende; ma nessuna di esse ha tanto commossola mia fantasia, quanto lo sfasciarsi delle colossalifortune delle principesche famiglie romane.

Qual immensa rovina: qual crollo formidabile ditutto un passato storicamente importante: quale sfacelodoloroso e terribile delle maggiori glorie avite,delle più nobili tradizioni, delle più colossali ricchezze,della vetusta opera di tanti secoli!

Chi, or sono pochi mesi, con la mente e il cuorepieni degli storici ricordi delle maggiori famiglie delsuperbo Patriziato romano, si raggirava — muto e silenzioso — perle sale ampie e solenni de' lor palazzi,un giorno così sfolgoreggianti di una folle ricchezza,non dubbia testimonianza di un fasto, ch'ebbe i piùgrandi splendori; e, oggi, deserti d'ogni arazzo, d'ogni[iv]tappeto, d'ogni mobile, d'ogni oggetto di lusso, d'ogniquadro, d'ogni vaso antico, d'ogni stemma nobiliare,d'ogni segno della grandezza di un tempo; non isfuggiva,certo, a un senso di sacro terrore e d'incommensurabilepietà.

Perchè si può essere, fin che si vuole, figli diquesti giorni, così densi di nobili aspirazioni verso unpresente più umano, più civile, più sociale, più vicinoalla religione predicata da Cristo, e riaccostantesi assaipiù a' veri fini della natura e del conso

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